6 giu 2025

Bikepacking sulle Montagne Rocciose: 1.600 km in MTB tra Utah e Colorado

Attraversare in bikepacking quella regione delle Rocky Mountains che connette Utah e Colorado richiede notevoli capacità tecniche, fisiche e mentali. La ricompensa, però, è nei panorami incredibili, nella gentilezza di perfetti sconosciuti, nella soddisfazione che si prova quando si porta a compimento una sfida.

Annika e Till Schenk hanno vissuto tutto questo, completando il Trans Rockies Connector Trail, un percorso off-road di 1.600 km: partiti da Salt Lake City, nello Utah, sono arrivati fino a Boulder in Colorado. In questo diario di viaggio ci raccontano perché questa esperienza, sebbene faticosa, sia stata indimenticabile.

Merida BIG.NINE: la front ideale per un bikepacking nelle Montagne Rocciose

Visitare le Montagne Rocciose è sempre stato un nostro sogno, e il Trans Rockies Connector Trail ci è sembrato la spina dorsale perfetta di un percorso che poi abbiamo deciso di rendere “nostro”, aggiungendo piccole deviazioni che ci hanno portato in luoghi incredibili, seppur poco conosciuti.

Avevamo bisogno di una bicicletta che potesse affrontare con agilità salite ripide su terreni rocciosi, trasportare in sicurezza tutta la nostra attrezzatura nelle discese e che, al tempo stesso, fosse veloce e divertente da guidare. Una hardtail leggera era la scelta ideale, e così abbiamo optato per la Merida BIG.NINE.

Dalla città al deserto

Nei primi giorni abbiamo optato per un approccio molto soft, ancora intontiti dal jet lag. Già fuori da Salt Lake City, però, abbiamo avuto un primo assaggio della gentilezza delle persone, che sarebbe diventata una costante del viaggio.Stavamo pranzando fuori da un supermercato e abbiamo conosciuto Seth, che ci ha invitato a passare la notte a casa sua: lui e la sua famiglia stavano per partire, per cui avremmo avuto la casa tutta per noi. Non ci sembrava vero, ma abbiamo accettato volentieri.

Nei giorni successivi, il paesaggio si è fatto sempre più selvaggio, preannunciando il nostro arrivo nelle Rocky. Abbiamo immediatamente preso contatto con quella che sarebbe diventata la nostra quotidianità: paesaggi da togliere il fiato, per la bellezza e la fatica. Una durissima salita di 20 km ci trasporta, infatti, in una distesa da film western: un’arida distesa senza fine, disseminata di piccoli arbusti e rilievi rocciosi dalle forme più disparate.

Qualche giorno è andato via così, pedalando sotto al sole cocente su sentieri sospesi su creste altissime, autostrade panoramiche da cui godere di tutta quella bellezza; mentre la notte abbiamo pernottato in riva a laghi di un blu irreale, così limpidi che quando aprivi la tenda, al mattino, ti sentivi pervaso da un senso di gratitudine, e di buonumore.

Oltrepassato il San Rafael Swell, si poteva dire superata la prima difficoltà del percorso. Pedalare trasportando il peso di 18 litri d’acqua è faticoso, ma necessario quando stai attraversando un deserto. Per questo, arrivati a Moab, ci siamo concessi una sosta alla birreria locale.

In città vive un’amica di Seth, che ci ha ospitati: dopo giorni intensi, non potevamo dire di no. Ben riposati, siamo ripartiti in direzione del Colorado, ormai vicino. La salita appena fuori Moab è stata davvero tremenda, ma il giorno di riposo e l’ampia rapportatura delle nostre hardtail Merida hanno reso la scalata decisamente più semplice.

Un arrivo (un po’ sfortunato) in Colorado

L’ingresso in Colorado non è stato facile. Scendendo dal bellissimo lago di Buckeye Reservoir, ho forato in modo piuttosto grave e, nonostante i tentativi, non c’era modo di riparare la gomma. Annika ha proseguito verso Naturita, mentre io ho fatto autostop. Mi ha offerto un passaggio Louis, ex ciclista BMX, che mi ha accompagnato fino al centro abitato. C’era giusto un supermercato, una stazione di servizio, e qualche negozio: tra questi, anche un bike shop, così ho potuto sostituire la gomma.

Nei giorni successivi, Annika ha iniziato a soffrire di una forte reazione allergica dovuta alle alte temperature. Abbiamo deciso di fermarci, ma non riuscivamo a trovare un campeggio che avesse disponibilità di cabine con aria condizionata.

Vedendoci in difficoltà, ci è venuto in aiuto Don, un ex cowboy, che ci ha invitato nel ranch suo e di sua moglie Beth poco fuori Delta. Abbiamo trascorso con loro due giorni indimenticabili: abbiamo discusso di sport e politica, scoperto la tradizione del barrel racing (la disciplina a cavallo che praticava Beth), e siamo andati in città per fare shopping. Ci hanno fatto conoscere il loro amico Cory, che si è offerto di aiutarci in ogni punto del percorso, in caso di necessità. Annika si era ormai ripresa e così, seppur con tristezza, abbiamo salutato i nostri nuovi amici e siamo ripartiti in direzione Paonia.

Da lì in poi abbiamo incontrato un paesaggio meno arido, gli arbusti hanno ceduto il posto ad una vegetazione più rigogliosa. Avevamo appena superato una foresta e, mentre stavamo montando la tenda, sono arrivati due cacciatori di alci che hanno voluto condividere con noi un loro segreto. Ci hanno portati al vicino torrente, e ci hanno dato una tavola di legno: posizionandola nel modo corretto, si poteva creare una vasca ghiacciata in cui immergersi.

All’indomani, appena ripartiti, Annika si è accorta di aver dimenticato l’orologio all’accampamento. Ho lasciato a lei tutta l’attrezzatura, e mi sono lanciato in discesa per recuperarlo: ho così scoperto che questa hardtail non è soltanto comoda e affidabile, ma anche veloce e divertente da guidare.

Le ultime disavventure e la conclusione del viaggio

L’ultima grande difficoltà del nostro viaggio era lo Schofield Pass: 21 km di salita, in alcuni tratti così dura e rocciosa da dover proseguire a piedi. Dopo tanta fatica, però, il paesaggio è stato il giusto premio: un meraviglioso contrasto tra minacciose nuvole scure e un arcobaleno faceva da contorno alle montagne che ci hanno accompagnato lungo il percorso.

Terminate le difficoltà altimetriche, alcune piccole disavventure hanno reso più epica la conclusione del nostro viaggio. Siamo prima finiti per errore in una proprietà privata, facendo arrabbiare tantissimo il proprietario e i suoi due bulldogs; poi ho dimenticato il portafoglio in ostello, e ci siamo ritrovati a concludere il viaggio senza soldi; infine abbiamo rovinato le scarpe, lasciandole troppo vicino al fuoco nel tentativo di farle asciugare.

Tutto ciò non ci ha impedito di arrivare a Boulder, dove abbiamo contattato Cory. Senza battere ciglio, ha guidato per 5 ore, ci ha accompagnato a Denver, offerto la cena, e poi è tornato a Delta. Lui, Seth, Don, Beth, e tutte le persone incontrate lungo il percorso hanno reso questa vacanza indimenticabile. E le BIG.NINE sono state semplicemente perfette: comode nelle lunghe distese, agili sulle salite, sicure nelle discese. Ci hanno fatto proprio divertire!